M
Testo

 

MARCOROSSI
artecontemporanea

 

Intervista al collettivo di scultori The Bounty Killart

11 novembre 2021   –   Tempo di lettura: 1 min

Intervista al collettivo di scultori The Bounty Killart

The Bounty Killart è il nome del collettivo che collabora da molti anni con la galleria Marcorossi artecontemporanea

The Bounty Killart è il nome sotto il quale operano dal 2002 Dionigi Biolatti (Savigliano CN, 1981), Rocco D’Emilio (Torino, 1981), Gualtiero Jacopo Marchioretto (Torino, 1981) e Marco Orazi (Torino, 1979).

La Galleria MARCOROSSI artecontemporanea ha iniziato a collaborare con loro nel 2014 e nel 2017 ha presentato nelle sedi di Milano, Pietrasanta, Torino e Verona, la mostra ‘Gli ammutinati del Bounty’, curata da Luca Beatrice. Il loro personale modo di fare critica sociale attraverso l’ironia e la miscela tra sacro e profano sono aspetti del loro lavoro che si sono evoluti con il tempo, senza perdere freschezza e creatività. Sempre cinici e irriverenti, sottolineano le incongruenze del presente usando a piacere il formalismo classico, e attraverso il “ready made” della scultura classica e la lezione della Pop art, uniscono il presente e il passato.

Per conoscere meglio i The Bounty Killart, Dionigi e Jacopo rispondono alle nostre domande 

Domanda: Il vostro collettivo è nato, si può dire, sui banchi dell’Accademia Albertina. Raccontateci come avete iniziato la vostra collaborazione e quindi come sono nati i The Bounty Killart.

Risposta: Sì ci siamo incontrati all’Accademia Albertina di Torino, facevamo corsi diversi ma ci ritrovavamo nel cortile a bighellonare e a fumare. Tra una chiacchiera e l’altra abbiamo iniziato a collaborare per creare le prime opere.

D: Non è facile immaginare come lavora un collettivo: a chi viene l’idea, chi la realizza, come collaborate con un socio che non è in studio da voi?

R: Non c’è una struttura pre-ordinata, l’idea iniziale viene sviluppata insieme per cui la scultura finale è il prodotto del collettivo ed è un’entità nuova che appartiene a tutti e a nessuno. Marco vive a Berlino, e quando lavoriamo in studio,è la voce fuori campo, è connesso con noi virtualmente. Non lavora manualmente ma è un elemento importante nell’ideazione delle opere.

D: La vostra poetica mescola con ironia arte antica e pop art, creando opere contemporanee, ma il messaggio che volete trasmettere qual è?

R: Sicuramente abbiamo una forte ammirazione per la storia dell’arte, in particolare per quella classica. Seguendo questa passione stilistica ci limitiamo a sottolineare alcuni aspetti della vita contemporanea, spesso non troppo distanti da quelli del passato. Sarà poi lo spettatore che andrà a decodificare il messaggio traendone le proprie conclusioni, siamo aperti a interpretazioni diverse dalla nostra.

D: La sperimentazione dei materiali mi sembra una vostra caratteristica, come siete passati dal gesso alla resina al marmo al bronzo? Quali sono le criticità dei diversi materiali?

R: Ci piace sperimentare, nelle nostre opere ci rifacciamo a canoni antichi, e l’uso dei materiali segue questa direzione, anche quando usiamo materiali moderni li usiamo per emulare quelli antichi, come nel caso delle nostre ceramiche che di ceramica non sono… ci divertiamo a giocare con la percezione dello spettatore alternando diversi medium, sfruttandone pregi e difetti.

Reduci dal successo della mostra di Pietroburgo i The Bounty Killart parlano della mostra in Russia e dei progetti futuri

D: Una vostra grande mostra è attualmente esposta a San Pietroburgo al Museo Erata, volete raccontarcela?

R: La mostra in corso a San Pietroburgo si propone come un ipotetico ritrovamento archeologico in un futuro lontano. Un’eccezionale scoperta archeologica avvenuta nell’autunno 3115 nei pressi di un sito abbandonato nel sud del continente europeo ha portato alla luce il mondo del primo decennio degli anni 2000. L’idea è partita dalla volontà di ricreare una sorta di tempio che raccoglie trenta nostre sculture di diverse dimensioni e tematiche che gravitano intorno alla grande installazione centrale ispirata al mito della Gigantomachia – tema secondo noi sempre attuale – un Titano sconfitto da Zeus che misura oltre 8 metri.

D: Quali sono i vostri progetti futuri?

R: Prossimamente presenteremo nelle gallerie MARCOROSSI artecontemporanea alcune delle opere esposte al Museo Erata. Abbiamo un altro progetto nel cassetto che parte dal principio dell’equazione di Drake; si basa sulla formula matematica utilizzata nell’esobiologia per stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia. Partendo da questo concetto ci siamo posti una domanda: potrebbe una nostra scultura in viaggio nell’universo attrarre l’attenzione di altre civiltà e confermare le stime di Drake? Probabilmente, se esistessero delle civiltà evolute avrebbero un senso estetico e passione per l’arte. Il nostro intento, oltre ad attirare la loro attenzione, è creare un nuovo pubblico di committenti: alieni estranei alle problematiche umane.

Potete scoprire di più su The Bounty Killart sul sito della galleria Marcorossi arte contemporanea.