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MARCOROSSI
artecontemporanea

 

Visita allo studio di Medhat Shafik

Visita allo studio di Medhat Shafik

4 Luglio 2022   –   Tempo di lettura: 1 min

Cronaca di una giornata di giugno, trascorsa nello studio di Medhat Shafik, nell’Oltrepo Pavese

Medhat Shafik è nato in Egitto nel 1956 ma nel 1976 si è trasferito in Italia per studiare all’Accademia di Brera dove si è diplomato in pittura e scenografia, da allora vive in Italia e lavora in un grande studio nell’Oltrepo Pavese. Indicato nel sito del Metropolitan Museum di New York come uno dei più interessanti artisti del mondo arabo del XX secolo, Shafik coniuga le suggestioni e i colori dell’arte orientale con le più avanzate tecniche compositive delle avanguardie occidentali. La galleria Marcorossi artecontemporanea (che negli anni Novanta si chiamava ancora Spirale Arte), conosce e lavora con Shafik fin dall’inizio della sua carriera artistica e nel 1994 gli dedica la prima personale. Quando nel 1995, il Padiglione Egitto rappresentato da Shafik insieme a due altri artisti viene premiato con il Leone d’Oro delle Nazioni alla Biennale di Venezia, la collaborazione con la nostra galleria decolla e in quasi trent’anni i suoi e i nostri successi si sono sempre intrecciati

Vedere le opere di Medhat Shafik è un’esperienza sempre nuova

Andare negli studi degli artisti è senza dubbio uno dei piaceri del nostro lavoro, un nutrimento per gli occhi e per lo spirito; andare nello studio di Shafik nell’Oltrepo è particolarmente piacevole non solo per la bellezza del luogo dal punto di vista naturalistico e artistico, ma anche per la sua ospitalità generosa che lui definisce sorridendo “araba”.  Acqua fresca, succhi e frutta accompagnano il dialogo franco e ispirato che l’artista, completamente a suo agio nel suo ambiente, tra le sue cose e le sue opere, instaura con Marco Rossi. Vediamo così i lavori che l’artista ha realizzato in questi mesi, dove la leggerezza del bianco viene accentuata dai pigmenti e dai materiali recuperati dal vissuto che li compongono, in un collage che diventa metafora delle stratificazioni della storia. Dice Shafik con un tono stupito:” ..vedete, dopo tanti anni, ho ricominciato ad aggiungere questi piccole ciotole di carta, contenitori di pigmenti, di semi, di sabbia, ma anche di piccole storie che fanno parte di un tutto, perché tutto si evolve ma poi tutto ritorna”. E così stimolati dai ricordi cominciamo a esaminare e a parlare dei grandi lavori storici che compongono indissolubilmente l’atmosfera dello studio. 

Medhat Shafik e il peso specifico della materia

Si tratta di grandi opere, tre metri per due, realizzate negli anni per esposizioni pubbliche, a Verona, Spoleto, Palermo, Il Cairo, dove l’artista travasa tutta la sua forza poetica. Nei grandi formati infatti Shafik riesce ad avere una carica espressiva densa, fisica e materica, che si alterna a una dimensione più meditativa e spirituale, tipica delle opere di dimensioni più contenute. E’ quello che lui chiama “il peso specifico della materia” in cui lo spazio dell’opera si dilata e il suo racconto diventa parte del grande cammino dell’umanità. Ci soffermiamo su un’opera di grandi dimensioni, recente, e la nostra mente, cullata dalle parole dell’artista, comincia a spaziare in voli planari sopra città perdute e deserti, viaggi nel tempo e nello spazio, terre perdute e isole lontane. Atterriamo nuovamente, anche se un po’ a malincuore, nella realtà dello studio, il lavoro ci richiama a Milano, scegliamo 6 opere che presto arriveranno nelle gallerie Marcorossi artecontemporanea e carichi di frutti raccolti dagli alberi in giardino, ripartiamo.